Giorgio Buchner

La scoperta di Pithecusae

La vita  

Giorgio Buchner nacque a Monaco di Baviera l’8 agosto 1914 da Paul (1886-1978), professore emerito di zoologia, scienziato di fama internazionale che insieme alla moglie italiana Massimiliana Coppa, pittrice veneta, si rifugiò a Ischia come molti intellettuali di quel periodo, per sfuggire alle ultime convulsioni del regime nazista.   
Nella villa di S. Alessandro, dominante il porto principale dell’isola, sulla scorta di letture e frequentazioni erudite, Buchner decise di dedicarsi all’archeologia, spinto sin da allora a scoprire la storia di un’isola di cui molto poco si conosceva dal punto di vista archeologico e che, grazie a lui, viene oggi considerata “l’Alba della Magna Grecia”.           

Buchner conseguì la laurea in Paletnologia a Roma con Ugo Rellini: la scelta di laurearsi in Paletnologia rappresenta un chiaro indizio di come sin da giovane egli aspirasse, ben diversamente dall’Accademia di allora, ad un’archeologia incentrata non solo sullo studio delle antichità classiche e delle fonti letterarie ma soprattutto sullo studio dei paesaggi e del paleoambiente, delle interazioni tra gruppi umani, delle loro produzioni artigianali.  Nel 1947 Buchner entrò, come “salariato temporaneo”, nell’allora Soprintendenza alle Antichità, e in tale Amministrazione egli trascorse la sua intera carriera sino al pensionamento, raggiunto nel settembre del 1979 con il grado di Soprintendente Aggiunto. Dopo il pensionamento, tuttavia, lo studioso ottenne la nomina ministeriale a Conservatore Onorario dell’isola d’Ischia. 

Lo scavo della necropoli nella valle di S. Montano iniziò nel 1952, restituendo ben presto un reperto eccezionale come la “coppa di Nestore”; fu interrotto una prima volta nel 1965 e, per lunghi anni lo studioso dovette cercare i fondi presso Università straniere, soprattutto americane e svedesi sino a quando, con fondi statali, le indagini ripresero nel 1977 per concludersi nel 1982. Le esplorazioni sul terreno hanno sempre seguito rigorosi criteri scientifici: lo scopo di tanto rigore era quello di riuscire a ricostruire la vita degli uomini di cui si scavavano le tombe,  per poterne scoprire le relazioni sociali e  i comportamenti culturali: obiettivo raggiunto non solo utilizzando una metodologia quanto più possibile corretta, ma anche con il ricorso all’uso integrato di tecniche naturalistiche e, in particolar modo, di quelle geologiche, com’è oggi diventato normale nella prassi archeologica.

Il ricordo 

Per tratteggiare la figura di Giorgio Buchner è sufficiente far ricorso alla presentazione degli Scritti in suo onore pubblicati nella rivista Annali di Archeologia e storia antica dell’Istituto Universitario Orientale di Napoli (n. s. 1, 1994): 

«Non c’è studioso del mondo classico o del Mediterraneo antico che non conosca il nome e l’opera di Giorgio Buchner: pur nella vastissima gamma dei suoi interessi, egli soprattutto è e resterà sinonimo dell’euboica Pithekoussai, e dell’autentica rivoluzione che questa scoperta ha portato in tutte le nostre nozioni riguardanti la Magna Grecia, e di conseguenza anche la Grecia arcaica da un lato, e dall’altro l’Italia antica. Questi sono fatti: ma il semplice riconoscimento di una grande impresa scientifica, benché di eccezionale portata, non dà un’idea dell’uomo stesso – come ci è offerta invece dalla sentita frase usata da uno dei colleghi che ha contribuito a questo volume, C. W. Neeft, nella dedica del suo Protocorinthian Subgeometric Aryballoi (Amsterdam 1987): “To Giorgio Buchner: a meticolous excavator, ever ready to share his discoveries and insights with the world”. 

Per innumerevoli studenti e studiosi queste brevi parole evocano preziosi ricordi dell’inesauribile pazienza e cortesia usata dallo scavatore di Pithekoussai con tutti i visitatori, anche sconosciuti, e del piacere ch’egli ha sempre mostrato nello scambiare informazioni e idee con i colleghi. E i colleghi dovranno ammettere, in tutta sincerità, di aver sempre appreso da lui più di quanto non gli abbiano insegnato. Un altro degli autori che hanno collaborato a questo volume, Oswyn Murray, lo definisce molto acutamente come “un uomo che per la sua modestia e generosità è diventato per tutti un amico“. Come è noto, gli uomini modesti e generosi raramente riscuotono gli onori che meritano, e raramente – ed è il caso del Nostro – gradiscono l’attenzione che si accompagna agli onori.  
Ai curatori di questo volume è sembrato tuttavia impensabile di lasciar passare l’ottantesimo genetliaco di Giorgio Buchner senza esprimergli in alcun modo la generale ammirazione, l’affetto e la gratitudine. Ma come riconoscere il valore di tanta impresa, e di tale uomo? Abbiamo scelto la forma del Festshrift (Scritti in onore) a tema, puntando su un tema in particolare che i meticolosi scavi di Giorgio Buchner a Pithekoussai hanno contribuito più di ogni altra cosa a definire nei termini validi per la nostra generazione. Il risultato costituisce il primo tentativo cosciente e concorde di affrontare la sfida che la vita e l’opera di Giorgio Buchner presenteranno a lungo. Ci auguriamo che non gli dispiaccia, anche se ci rendiamo perfettamente conto che ancora una volta egli apprenderà dal nostro sforzo meno di quanto noi tutti abbiamo appreso e continuiamo ad apprendere da lui». 

(David Ridgway e Bruno d’Agostino)